VIDEOSORVEGLIANZA

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Videosorveglianza, circolare dell’INL sul controllo a distanza dei lavoratori

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito chiarimenti circa gli strumenti, le modalità e le finalità per il  controllo a distanza dei lavoratori con la circolare n. 5/2018 dello scorso 19 febbraio Indicazioni operative sull’installazione e utilizzazione di impianti audiovisivi e di altri strumenti di controllo ai sensi dell’art. 4 della legge n. 300/1970.

La circolare parte dall’esame dell’istruttoria delle istanze volte all’ottenimento dell’autorizzazione, ribadendo come le condizioni poste all’utilizzo delle varie strumentazioni utilizzate, debbono essere “correlate alla specifica finalità” individuata dall’istante.

Nulla impedisce, chiarisce l’INL che, qualora ne sussistano le “ragioni giustificatrici”, si possa inquadrare direttamente l’operatore senza condizioni quali “l’angolo di ripresa “ o “l’oscuramento del volto” (si pensi alla sicurezza del lavoro) così come, se “le riprese siano coerenti e strettamente connesse con le ragioni legittimanti il controllo” non è fondamentale specificare il posizionamento ed il numero esatto delle telecamere da installare (si pensi in questo caso agli impianti produttivi, spesso oggetto di modificazioni).

Le modalità di utilizzo, dunque, debbono sempre essere conformi alle “finalità dichiarate” e ciò a maggior ragione nel caso si tratti di tutela del patrimonio aziendale.

In tal caso, infatti, fermo restando il chiarimento di cui alla nota 299 del 28 novembre 2017 quanto agli impianti di antifurto, in tutti i casi in cui vi sia presenza del personale aziendale, occorre considerare come “residuali i controlli più invasivi” giustificandone l’utilizzo solo a fronte di “specifiche anomalie” o dopo aver adottato altre misure alternative di prevenzione considerati altresì elementi quali “il valore o l’asportabilità di beni” che costituiscono il patrimonio aziendale.

Da ultimo l’INL affronta gli aspetti che riguardano l’impiego delle nuove tecnologie.

In particolare, quanto alle soluzioni video in tecnologia IP, soluzioni che “hanno rivoluzionato il concetto di videosorveglianza”, laddove sussistano ragioni giustificatrici del provvedimento di autorizzazione, è possibile la visione da postazione remota sia in tempo reale (solo in casi eccezionali debitamente motivati) che per quanto concerne le immagini registrate.

L’accesso alle immagini registrate sia da remoto che in loco, chiarisce l’INL, deve essere tracciato in modo che i log di accesso possano essere conservati per un periodo di almeno 6 mesi e non è più posto come requisito l’utilizzo del sistema della “doppia chiave fisica o logica”.

Quanto all’impiego di dispositivi sempre più diffusi e che riguardano la raccolta ed il trattamento di dati biometrici, viene precisato che l’installazione di simili soluzioni sulle macchine per consentirne l’utilizzo ai soli soggetti autorizzati e dunque per rendere la propria prestazione lavorativa, ebbene, in questi casi, non è necessaria alcuna autorizzazione.

In un passaggio normativo come quello che ha interessato l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori L. 300/1970 dopo la riforma Jobs Act (D. lgs n. 151/2015 e D.lgs 185/2016) sebbene a distanza di due anni, quanto mai necessaria appare oggi, anche alla luce dell’evoluzione tecnologica, l’esigenza di far chiarezza in ordine all’applicazione ed all’interpretazione della normativa stessa.

Ed infatti le modifiche apportate debbono essere lette alla luce di principi di “legittimità e determinatezza del fine perseguito” , come pure osservato più volte dall’Autorità Garante al fine di garantire la tutela, la dignità e la riservatezza dei lavoratori e nell’ottica di dare oggi più che mai voce e valore alla protezione dei dati in ogni ambito di applicazione.

Fonte: https://www.securindex.com/news/leggi/2411/videosorveglianza-circolare-dellinl-sul-controllo-a-distanza-dei-lavoratori

 

Estratto della circolare INL CIRCOLARI REGISTRAZIONE N. 5 DEL 19 FEBBRAIO 2018

Telecamere. I sistemi di videosorveglianza di più recente introduzione si basano su tecnologie digitali adatte
all’elaborazione su PC e trasmissione su rete dati (tipo internet). Le nuove soluzioni video in tecnologia IP
hanno rivoluzionato il concetto di videosorveglianza, rendendo possibili funzioni e scenari applicativi
inimmaginabili fino a pochi anni fa.
I sistemi di videosorveglianza che utilizzano tale tecnologia sono caratterizzati dall’utilizzo di una
rete IP, cablata oppure wireless, che consente il trasporto dei dati video e audio digitali da un computer
all’altro attraverso internet; è anche possibile registrare, visualizzare e mantenere le informazioni video e
audio in qualsiasi punto della rete opportunamente dimensionata. Inoltre è possibile installare impianti di
videosorveglianza a circuito chiuso, collegati all’intranet aziendale o via internet a postazione remota.
A tal proposito si precisa che, ove sussistano le ragioni giustificatrici del provvedimento, è
autorizzabile da postazione remota sia la visione delle immagini “in tempo reale” che registrate.
Tuttavia, l’accesso da postazione remota alle immagini “in tempo reale” deve essere autorizzato
solo in casi eccezionali debitamente motivati.
L’accesso alle immagini registrate, sia da remoto che “in loco”, deve essere necessariamente
tracciato anche tramite apposite funzionalità che consentano la conservazione dei “log di accesso” per un
congruo periodo, non inferiore a sei mesi; pertanto non va più posta più come condizione, nell’ambito
del provvedimento autorizzativo, l’utilizzo del sistema della “doppia chiave fisica o logica”.
Quanto invece al “perimetro” spaziale di applicazione della disciplina in esame, l’orientamento
giurisprudenziale tende ad identificare come luoghi soggetti alla normativa in questione anche quelli
esterni dove venga svolta attività lavorativa in modo saltuario o occasionale (ad es. zone di carico e scarico
merci). La Corte di Cassazione penale (sent. n. 1490/1986) afferma infatti che l’installazione di una
telecamera diretta verso il luogo di lavoro dei propri dipendenti o su spazi dove essi hanno accesso anche
occasionalmente, deve essere preventivamente autorizzata da uno specifico accordo con le
organizzazioni sindacali ovvero da un provvedimento dell’Ispettorato del lavoro.
Sarebbero invece da escludere dall’applicazione della norma quelle zone esterne estranee alle
pertinenze della ditta, come ad es. il suolo pubblico, anche se antistante alle zone di ingresso all’azienda,
nelle quali non è prestata attività lavorativa.

Dati biometrici. L’utilizzo di dispositivi e tecnologie per la raccolta e il trattamento di dati biometrici sta andando incontro ad una crescente diffusione. Il Garante per la protezione dei dati personali ha emanato un
Provvedimento generale prescrittivo in tema di biometria, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 280 del 2 dicembre 2014. Il Garante evidenzia, al punto 4.2, come “l’adozione di sistemi biometrici basati
sull’elaborazione dell’impronta digitale o della topografia della mano può essere consentita per limitare
l’accesso ad aree e locali ritenuti “sensibili” in cui è necessario assicurare elevati e specifici livelli di sicurezza
oppure per consentire l’utilizzo di apparati e macchinari pericolosi ai soli soggetti qualificati e
specificamente addetti alle attività”.
Ne consegue che il riconoscimento biometrico, installato sulle macchine con lo scopo di impedire
l’utilizzo della macchina a soggetti non autorizzati, necessario per avviare il funzionamento della stessa, può
essere considerato uno strumento indispensabile a “…rendere la prestazione lavorativa…” e pertanto si
possa prescindere, ai sensi del comma 2 dell’art. 4 della L. n. 300/1970, sia dall’accordo con le
rappresentanze sindacali sia dal procedimento amministrativo di carattere autorizzativo previsto dalla
legge. ”